La riconosciuta capacità del Cabernet sauvignon di accumulare notevoli quantitativi di polifenoli è fortemente condizionata dall’andamento climatico, dal livello produttivo e dal grado di maturità della bacca. Infatti, alla capacità di adattamento ai diversi tipi di suoli, fa da contraltare l’elevata necessità in termini di calore di questa varietà, che risulta fortemente penalizzata da andamenti climatici freschi e piovosi che ne esaltano il vigore, contrastando la completa maturazione delle bacche: in queste condizioni le molecole coloranti presenti nelle cellule epidermiche, non si trovano allo stato libero nel citoplasma, ma ancora in forma di granuli addossati alla membrana del vacuolo e risultano quindi poco disponibili in sede di estrazione e scarsamente stabili in fase di affinamento (Glories, 1997).
Le esigenze termiche del Cabernet sauvignon sono piuttosto elevate (1400-1600 gradi giorno) e, in ambienti settentrionali, può talora soffrire il deficit di calore, tanto da non raggiungere la maturazione completa delle bacche; in tali zone è opportuno riservare a questo vitigno terreni caratterizzati da condizioni microclimatiche favorevoli e porre maggior attenzione sia in fase di gestione a verde della chioma che di regolazione del potenziale produttivo.
La radiazione solare influenza la sintesi della materia colorante in particolare regolando il livello di attività degli enzimi coinvolti nel metabolismo fenolico (Roubelakis-Angelakis e Kliewer, 1986; Rojas–Lara e Morrison, 1989).
Fra questi un ruolo chiave è svolto dalla PAL (Fenilalanina Ammino Liasi) enzima che catalizza la sintesi di acidi cinammici a partire dalla fenilalanina ed è quindi responsabile dell’attivazione di questa via secondaria del metabolismo proteico deviando tale amminoacido verso la sintesi fenolica (Figura 1). Diversi studi confermano che la sintesi e l’accumulo delle sostanze fenoliche è fortemente influenzato dalla luce che colpisce i grappoli; infatti l’attività della PAL, che si trova nelle bucce, si riduce al diminuire dell’intensità luminosa.
Con temperature superiori a 30-35° però la sintesi di antociani si interrompe e prende il sopravvento la loro degradazione. L’escursione termica e le temperature minime notturne, registrate nel mese precedente la vendemmia giocano in questo senso un ruolo importante: infatti durante il giorno con temperature che non superano i 30°C la vite mostra un’elevata efficienza fotosintetica, ed accumula materia colorante. Mentre minime notturne prossime allo zero termico riducono i consumi della pianta, temperature elevate provocano invece un calo nella concentrazione della materia colorante. In queste condizioni un buon accumulo di pigmenti è imputabile ad una maggior presenza di ABA nelle bucce, che viene prodotto attivamente in condizioni di stress e favorisce la sintesi di antociani contrastandone la degradazione.
Diversi studi confermano che la PAL (che si trova nelle bucce) riduce la velocità di sintesi al diminuire dell’intensità luminosa. La radiazione diretta al grappolo può però esercitare effetti antitetici: infatti, sebbene la deposizione di antociani e tannini sia strettamente legata alla luce intercettata dai grappoli, segno evidente della sintesi in loco di queste molecole, l’attività enzimatica viene inibita da temperature elevate (Bergqvist et. al., 2001; Spayd et al., 2002).
Nonostante la tolleranza nei confronti delle alte temperature e della siccità estiva, specialmente in ambienti caldo-aridi o semiaridi è opportuno, anche per questa varietà, limitare l’esposizione diretta dei grappoli. Bergqvist e coll., (2001) in una prova svolta in California, su un vigneto con orientamento Est-Ovest, hanno verificato l’effetto di quattro livelli di illuminazione (piena luce, 1-2 strati fogliari, 3-4 strati fogliari e oltre 4 strati) sulle temperature raggiunte dai grappoli di Cabernet sauvignon e sulla deposizione in antociani e polifenoli.