Cantine e vino

Cotici naturali per sistemi viticoli resilienti.

In molti ecosistemi viticoli italiani (terroir) si riscontrano le condizioni che permettono la copertura della superficie interfilare con essenze erbacee spontanee (cover crop), strategia che non solo non incide sui costi aziendali ma soprattutto garantisce un elevato grado di adattabilità del prato all’ambiente pedoclimatico, alla base del concetto di resilienza. La resilienza, proprietà presente negli ecosistemi naturali, è il risultato di alcune condizioni quali la complessità dell’organizzazione funzionale che garantisce la solidità del sistema, la diversità dei partecipanti (vegetali, fauna, risorse alimentari), gli stock nutrizionali e le risorse sistemiche.

D’altro canto, fra le essenze spontanee si possono utilmente trovare specie perennanti, con apparato radicale profondo, ciclo vegeto-produttivo coincidente e bassa competizione idrica e nutrizionale nei confronti della vite, che possono essere contenute regolando l’epoca ed il numero di sfalci per indebolirle e favorirne la sostituzione con essenze meno aggressive.

Conoscere le caratteristiche delle specie presenti permette di adottare una gestione favorevole alla riduzione percentuale o alla scomparsa di quelle indesiderate ed al consolidamento di quelle più favorevoli: ad esempio sappiamo che mentre le graminacee sopportano piuttosto bene tagli frequenti, per molte altre essenze sbagliare l’epoca di sfalcio comporta una rapida contrazione della superficie coperta. In altri termini la cover crop si deve intendere come una vera e propria coltura, assolutamente non secondaria ma semmai sinergica, che necessità di scelte e cure agronomiche opportune al fine di ottenere i maggiori benefici possibili per l’ecosistema viticolo.

Il rispetto delle esigenze del prato è fondamentale per gli inerbimenti permanenti, ma la loro gestione risulta tanto più complicata quanto maggiore è il numero di specie che lo compone. Solamente una profonda e attenta conoscenza del territorio, dei vitigni, delle specie erbacee (naturali o naturaliformi oppure artificiali seminate a costituire l’eventuale cotico) e delle tecniche di conduzione del suolo consente una scelta serena che garantisca il livello competitivo desiderato e una gestione ottimale delle operazioni colturali.

Lo scopo di questo tipo di approccio metodologico è analizzare una serie di alternative praticabili per la gestione del terreno vitato, evidenziando i riflessi sulle produzioni vitivinicole, con particolare attenzione verso le caratteristiche delle essenze erbacee. Serve rimarcare in questa sede che è molto difficile, se non impossibile, estendere completamente i risultati ottenuti in un determinato sito ad altri, anche se con caratteristiche simili: per queste ragioni appare estremamente importante analizzare la biodiversità ambientale al fine di porre in essere la cosiddetta biodiversità pianificata o sito-specifica, che si sviluppa nelle associazioni tra specie legnose (vite) e quelle erbacee (cotico erboso) con modalità spaziali, temporali e di utilizzo molto diverse e contemporaneamente con nuovi criteri di gestione quali sovesci, lavorazioni alternate, ecc. ancora poco oppure parzialmente analizzate.

In quest’ottica appare quindi necessario superare la visione vitigno-centrica del vigneto per proteggere e valorizzare la biodiversità dell’insieme dell’ecosistema viticolo, integrando e facendo convergere le discipline e le conoscenze agronomiche con quelle ecologiche, per sviluppare un nuovo concetto di agro-biodiversità che inglobi le popolazioni dei vitigni coltivati con tutte le specie viventi nel vigneto, siano esse animali o vegetali o microbiche, aggressive o utili, telluriche o aree.

1 comment

  1. condivido appieno e magari si avesse lo “spazio” per approfondire tra gli “imprenditori vitivinicoli” che sono disposti a fare sempre meno ed hanno una visione sempre più semplificata e qualunquista

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