Come abbiamo precisato in una precedente nota, per lungo tempo la biodiversità delle specie vegetali presenti nell’agroecosistema vigneto ha suscitato in generale poco interesse in quanto considerata argomento privo di alcuna ricaduta agronomica ed ecologica; al contrario, negli ultimi anni si è assistito ad una marcata inversione di tendenza in quanto è stato dimostrato come la biocenosi vegetale spontanea costituisca non solamente un patrimonio vegetale da difendere, ma anche uno strumento di gestione ecocompatibile dell’agroecosistema (resilienza).
Come in ogni altro agroecosistema, anche nel vigneto l’indesiderabilità della flora spontanea deriva dalla interferenza negativa che questa vegetazione esercita nei confronti della coltura, che si concretizza normalmente in una competizione idrica e nutrizionale. Mentre nel caso delle coltivazioni di tipo erbaceo prevale l’interferenza quantitativa, a causa della competizione coltura-malerba, nel caso della viticoltura al danno quantitativo si affiancano importanti aspetti di tipo qualitativo a carico del prodotto di trasformazione (vino).
Il controllo di questa vegetazione è avvenuto tradizionalmente mediante l’uso di erbicidi ad attività residuale che tendono a garantire un effetto prolungato nel tempo.
Come noto però tali sistemi colturali di tipo convenzionale basati sostanzialmente sull’impiego del diserbo chimico causano spesso una situazione di vuoto biologico che induce l’instaurarsi di una cosiddetta flora di sostituzione, comunità floristica nella quale molte nicchie ecologiche vengono lasciate vuote per il drastico disturbo causato dalla distribuzione dell’erbicida. La mancanza di competitori consente l’ingresso di specie di scarsa invasività che, nonostante la loro ridotta importanza come infestanti, possono comportare notevoli danni agronomici proprio per il mancato contrasto di una vegetazione tampone inesistente; sono specie che risultano marcatamente aggressive in virtù della loro elevata competitività, idrica e nutrizionale, nei confronti della vite (specie ruderali nitrofile, ad esempio)
In quest’ottica, la presenza di una complessa fitocenosi tende a limitare l’insorgenza di infestazioni di difficile controllo grazie alle reciproche interazioni sia competitive che allelopatiche (Randall, 1995).
Ne consegue che la scelta di sistemi colturali ecocompatibili (integrati, biologici, ecc.) implica il mantenimento di una flora equilibrata che può agevolare e rendere flessibile il controllo. In questa logica la coesistenza del vigneto e di ambienti naturaliformi, integrati attraverso una fitta rete di biocenosi diverse (tunnel ecologici), comporta un vantaggio ecologico di grande interesse: il vigneto assume in quest’ottica un ruolo chiave di isola ecologica, alla luce della sua naturalità, di vero e proprio conservatoire di specie ad elevata biodiversità sito specifica (Colugnati e Cattarossi, 2018), oltre che elemento a spiccato valore paesaggistico (terzo paesaggio, secondo la definizione di Clement).
Con l’espressione terzo paesaggio, introdotta dal paesaggista Gilles Clément (autore di significativi contributi quali Il manifesto del Terzo Paesaggio, o Il Giardiniere planetario, oppure ancora Giardini, paesaggio e genio naturale), si indicano i luoghi abbandonati dall’uomo: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili; sono compresi perfino i ciuffi di «erbacce» al bordo strada o i rovi e le sterpaglie che crescono nelle aree industriali dismesse.
Nel terzo paesaggio si possono trovare luoghi in cui l’assenza dell’attività umana ha generato un rifugio per la conservazione della diversità biologica, un micro-ecosistema, talmente importante, che ciò che è incolto, oppure ciò che definiamo nella pratica comune erbaccia, diventa luogo ed elemento privilegiato del cambiamento ecologico.
Per i giardinieri planetari, cioè per coloro che intendono lavorare la terra rispettandone la biodiversità, basterà allora seguire il flusso naturale dei vegetali, talvolta assoggettarsi a loro, inscriversi nella corrente biologica che anima il luogo, per orientarla.
Nel terzo paesaggio è fondamentale l’approccio ecologico che contraddistingue il rapporto uomo/natura, che ci invita a percepire la terra come entità viva, come un grande giardino in cui tutti i frammenti di paesaggio ignorati ci offrono opportunità di rigenerazione.