I recenti dati dell’Osservatorio del Vino sono assolutamente chiari e confortanti: secondo le stime ISMEA gli spumanti italiani saranno sicuramente protagonisti sulle tavole delle feste con 66 milioni di bottiglie stappate in Italia, con un incremento del 6% rispetto al 2016, e ben 174 milioni all’estero, con un balzo addirittura dell’11% rispetto all’anno precedente.
Dati, ripetiamo, assolutamente confortanti per almeno tre motivi.
Il primo, più psicologico che economico dirà chi tra voi tende a vedere il bicchiere mezzo vuoto, è rappresentato da una tendenza verso un aumento dei consumi (anche se contenuto) che sta caratterizzando da qualche tempo il mercato del vino.
Il secondo, più attinente alle analisi di marketing & comunication, riguarda l’importanza del trend positivo dei consumi interni, bloccati ormai da anni da una crisi economica lunga e pesante che ha giocoforza condizionato la propensione al consumo.
Il terzo, più strettamente tecnico e quindi più legato alla sensibilità di chi scrive su questo blog, è rappresentato dalla constatazione che le bollicine italiane sono finalmente e giustamente apprezzate sui mercati interno ed internazionale; non un sentimento di autarchia il nostro o, peggio, un tentativo di dumping di comunicazione fuori stagione, ma la assoluta consapevolezza che gli spumanti italiani hanno raggiunto livelli di eccellenza tali da poter concorrere alla pari sullo scaffale internazionale con prodotti ritenuti più blasonati, o, più semplicemente, maggiormente e più efficacemente comunicati.
Forse, proprio se esiste ancora un’area sulla quale investire con maggiore intensità e determinazione, questa attiene alle strategie di comunicazione, troppo spesso poco incisive ed efficaci, talora dispersive, quando non divisive, e quindi in ultima analisi, fuorvianti e poco chiare per intercettare una platea più ampia possibile.
Un elemento forte di comunicazione, secondo noi dovrebbe essere lo stretto legame che questi prodotti mantengono con gli straordinari territori di origine: sbaglia chi afferma che gli charmat regionali italiani altro non sono che delle rivisitazioni del modello Prosecco. Siamo da anni impegnati professionalmente nella spumantizzazione di basi prodotte con alcuni degli straordinari vitigni nativi (non autoctoni, per cortesia) italiani e possiamo affermare con certezza che le caratteristiche sensoriali sono assolutamente uniche e originali.
Tra i migliori charmat italiani si devono senz’altro citare quelli prodotti da uve Falanghina nell’affascinante scenario delle colline del beneventano. Questo terroir originale conferisce sensazioni uniche che spaziano dalla nocciole, al pan brioche, all’albicocca, alle note delle fioriture primaverili: nel finale si percepiscono delicate nuances di erbe aromatiche spontanee e fiori di tiglio e acacia. Straordinaria la shelflife, con una maturazione in bottiglia di diversi mesi, e la versatilità negli abbinamenti gastronomici: però, per cortesia, non definiamolo uno spumante tutto pasto (solo l’acqua minerale realmente è da tutto pasto), termine alquanto riduttivo e commerciale, ma piuttosto esaltiamo e comunichiamo la raffinata pienezza in bocca che ne fanno un elegante ed esaltante prodotto tipico di territorio.
Per questi e tantissimi altri motivi un sentito augurio a questo territorio, ai suoi uomini tenaci e fantasiosi, alle sue gemme gastronomiche ed enologiche: brindiamo con cuore sincero ed animo allegro con bolline beneventane.
Cin, cin a voi!