I vini spumanti costituiscono dei vini particolari nei quali con la rifermentazione si ottiene lo sviluppo dell’anidride carbonica nella bottiglia, la quale conferisce la caratteristica spuma. Generalmente nella produzione dei vini spumanti vengono impiegati i vini bianchi, chiarificati e filtrati. Il vino spumante è tanto più pregiato quanto più sono piccole le bollicine, che si formano quando lo si versa nel bicchiere e questa manifestazione nel linguaggio della degustazione è denominata “perlage”. I vini spumanti artificiali, si ottengono immettendo artificialmente l’anidride carbonica, mediante imbottigliatrici provviste di saturatore. Tali prodotti non hanno il pregio dei precedenti. La tecnologia francese del vino spumante è riassumibile nelle seguenti operazioni: a) pigiatura dell’uva con esclusione della torchiatura, o comunque la non miscelazione del vino-fiore col torchiatico; b) nel caso di insufficiente contenuto zuccherino, al mosto, prima dell’inizio della fermentazione, si aggiunge il “liqueur de fermentazion” costituito da uno sciroppo al 50 % di zucchero di canna, invertito con acido citrico o tartarico; c) defecazione del mosto con impiego di chiarificanti (bentonite, caesinato di potassio, ittiocolla). Poi con il mosto defecato, che tempo addietro si trasferiva in recipienti di 200 l. detti “pièces”, si riempiono recipienti di capacità più grande non superiore ai 100 hl., dove ha inizio la fermentazione tumultuosa che si completa in una settimana circa, dopodiché si travasa di nuovo. Il vino da spumantizzare deve avere un’acidità totale di 7 g./ l., contenere meno di 50 mg./ l. di SO2, con una acidità volatile non eccedente lo 0,6 °/ ° °. Per l’imbottigliamento si usano apposite bottiglie che sopportano pressioni di 10 atmosfere circa. Al vino si aggiungono dei particolari lieviti selezionati dalla flora indigena e appartenenti al S.r.f.bayanus. Quando è necessario, si aggiungono del tannino e dell’ittiocolla( 1-2 g./ hl.), più una prestabilita dose di zuccheri, di modo da ottenere nella bottiglia una pressione di circa 5-6 atmosfere alla temperatura di 10 ° C. L’aggiunta della tiamina (50 mg./ hl.), del caseinato di potassio (8 g./ hl.) e del fosfato biammonico (10-20 g./ hl.) predispone ad una corretta rifermentazione. La tiamina contribuisce tra l’altro ad una minor formazione di etanale o aldeide acetica. Per determinare la quantità di zucchero da disciogliere si deve conoscere il contenuto originario zuccherino del vino da spumantizzare. Se, per esempio, gli zuccheri originariamente presenti nel vino fossero 8 g./ l., per giungere ai 20-25 g./ l. necessari bisognerebbe aggiungere la differenza (8-25) e cioè da 12-17 g./ l.. Bisogna altresì conoscere il coefficiente di assorbimento, che però ha perso la sua importanza dopo gli studi del Manceau, poiché con essi si è giunti alla conclusione che la questione di un calcolo teorico è di scarsa importanza ai fini dell’elaborazione pratica dei vini spumanti, poiché si deve tenere conto di altri numerosi fattori. In sostanza si è determinato che ogni 4 g/ l di glucosio alla temperatura di 10 ° C sviluppa una pressione di un’atmosfera. Pertanto sono necessari 20 g./ l. di zuccheri in media per raggiungere pressioni sufficienti per il vino spumante e per la sua conservazione. Infatti si è osservato che in un vino spumante ad una pressione pari o superiore alle 6 atmosfere difficilmente avviene lo sviluppo di microrganismi nocivi. Lo zucchero viene aggiunto in sciroppo, procurando l’inversione mediante l’aggiunta di acido tartarico, citrico o dell’enzima invertasi. In questo caso è necessario conoscere la concentrazione zuccherina dello sciroppo e calcolare la quantità esatta di sciroppo da aggiungere e della dose da usare. Lo sciroppo si prepara, di norma al 50-70 % di zucchero e quando, ad esempio, si vuole uno sciroppo al 50 % si devono usare 50 kg. di zucchero corrispondenti in volume a 31,5 l., a cui si aggiungono 68,5 litri di vino bianco, più 300 g. circa di acido tartarico e 30 g. circa di carbone decolorante. La miscela va bene omogeneizzata e dopo che il carbone ha svolto l’azione chiarificante, si filtra il tutto con cartoni molto porosi. Il lievito deve essere preparato in modo razionale applicando le norme dell’asepsi e della sterilizzazione del materiale. Il substrato di coltura per la moltiplicazione dei lieviti si costituisce con vino base, mosto o zucchero in ragione di una concentrazione zuccherina del 10-12 %, quindi si sterilizza con l’ebollizione per 20’, dopodiché si aggiungono il fosfato biammonico (300 mg./ l.) e la tiamina ( 50-60 mg./ l.). Nel metodo sin qui descritto ,ovvero quello champenois, le bottiglie, una volta eseguito il “tirage” con le aggiunte di zucchero e di lievito, si accatastano coricate per lasciarle alla rifermentazione per 3-6 mesi. La temperatura condiziona la velocità della rifermentazione. Difatti a 10-12 ° C mostra un andamento lento, a 12-16 ° C si svolge in modo ottimale, mentre a 23-26 ° C si esplica in modo veloce e incompleto. Durante questa fase nelle bottiglie compare un deposito feccioso, che deve essere espulso in maniera da determinare un prodotto perfettamente limpido. Il deposito della feccia e l’espulsione si opera con il “remuage” e il “degorgement”. Il “remuage” consiste in una serie di movimenti e di scuotimenti a cui si sottopongono le bottiglie poste nelle cosiddette “pupitres” ed ha lo scopo di portare la feccia verso il tappo. Il vino viene lasciato in contatto con la feccia uno o più anni, in modo da migliorarne le caratteristiche organolettiche. Dopo tale periodo si provvede allo sfecciamento o “degorgement”, che si effettua “à la volée” o “à la glacé”. Il primo sistema presuppone una notevole esperienza e capacità manuale per stappare la bottiglia ed espellere la feccia con la minima perdita di vino. Il secondo sistema prevede il congelamento della zona del tappo, in modo da rimuovere senza difficoltà il deposito feccioso. Quando tale operazione è terminata si aggiunge al vino spumante una determinata quantità di “liqueur d’expedition”, che è uno sciroppo composto da: vino, zucchero, cognac e aromi. Una formulazione di liqueur d’expedition è la seguente: – 100 l. di vino bianco; – 2 l. di cognac; – 60-70 kg. di zucchero di canna, in cui sono state mescolate 10 ml. di essenza di lampone, 2-3 ml. di essenza di fragola, 2-3 ml. di essenza di pesca, 1-2 ml. di essenza di ananas. Inoltre nello zucchero prima dell’impiego si possono infondere le capsule di vaniglia o le fave tonke per 10-20 gg. circa. I vini spumanti a seconda della quantità di sciroppo aggiunto al vino, si distinguono in: brut (zucchero max. 15 g./ l.), extra sec (zucchero max. 25 g./ l.), sec (zucchero max. 50 g./ l.), demi sec (zucchero max. 80 g./ l.), dolci, doux (zucchero max 150 g./ l.). L’aggiunta del liqueur d’expedition non attiva un’ulteriore fermentazione, perché i lieviti alla fine vanno incontro, in presenza di una elevata pressione, a fenomeni di autolisi e quindi tale fenomeno senza di essi è impossibile. Oltre al sistema champenois, per la produzione di vini spumanti, sono stati ideati e hanno poi trovato applicazione altri sistemi. Essi essenzialmente consistono nella produzione di vini spumanti non in singole bottiglie, bensì impiegando delle autoclavi di media o grande capacità, dove si riproduce in scala più grande il procedimento champenois. Il primo metodo si deve al Maumené, che industrialmente non trovò impiego. Il metodo del Maumené fu ripreso dopo dal Martinotti, Direttore della Stazione Enologica di Asti, che ebbe l’idea di usare per la spumantizzazione le autoclavi in legno. Comunque è con la fabbricazione di speciali autoclavi in acciaio, rivestite con uno speciale smalto avente la stessa dilatazione del metallo e fabbricate dalla Casa francese Charmat, che è stato possibile l’inizio della produzione dei vini spumanti in grande scala. Le fasi produttive del metodo Charmat risultarono e tuttora risultano migliorate rispetto al metodo champenois ,nel senso di una riduzione del tempo e della mano d’opera. In pratica esse ricalcano quanto si esegue nel metodo champenois. Infatti al vino base, chiarificato, filtrato e pastorizzato a circa 70 ° C e successivamente raffreddato, posto in un’autoclave, si aggiungono il lievito-fermento, gli zuccheri necessari per la rifermentazione, più la tiamina, il fosfato biammonico e il caesinato di potassio, dopodiché si lascia alla fermentazione il cui andamento è svelato dall’apposito manometro di pressione montato nel recipiente. Il lievito-fermento viene posto in un’apposita autoclave, da dove si distribuisce in dosi prestabilite, nelle altre autoclavi riempite col vino da spumantizzare. Seguendo i dati della pressione e allorchè la stessa supera giornalmente le 0,2-0,3 atmosfere, si attenua la fermentazione abbassando la temperatura. L’agitatore posto nell’autoclave deve funzionare 5-10 minuti ogni 3-12 ore di lavoro. La fermentazione si conclude dopo 40-50 gg, e a tale punto il valore della pressione arriva alle 6,5-7 atmosfere, dopodiché il vino spumante si lascia sulla feccia per 6-12 mesi al fine di affinarsi nel caso derivi da uve Chardonnay; mentre ciò non si attua allorquando il vino sia derivato da uve aromatiche quali, ad esempio, il Moscato, Prosecco, ecc.. Prima dell’imbottigliamento, che si esegue con speciali apparecchiature che raffreddano e impediscono la dispersione dell’anidride carbonica del prodotto, il vino spumante viene refrigerato per la stabilizzazione e filtrato. L’imbottigliamento del vino spumante prende il nome di “tirage” e solitamente si attua nella stagione primaverile. Il vino in tale stadio è già chiarificato e filtrato e per l’operazione si colloca in una grande botte o in un serbatoio provvisto di un agitatore manuale o meccanico, per omogeneizzare la massa. L’imbottigliamento si opera mediante appositi impianti che evitano la perdità della CO2.
Castroreale, Marcello. Manuale di enologia