Come ricordato più volte su questo blog, l’obiettivo di un ecosistema agricolo è la resilienza, proprietà presente negli ecosistemi naturali che è il risultato di alcune condizioni quali la complessità dell’organizzazione funzionale che garantisce la solidità, la diversità dei partecipanti (vegetali, fauna, risorse alimentari), gli stock e le risorse sistemiche. La sostenibilità nel lungo periodo nella gestione delle fitocenosi, estremamente erose sotto il profilo della diversità floristica, dipenderà infatti da un cambio di atteggiamento nei confronti della flora spontanea.
L’obiettivo agronomico, ormai obsoleto, di dover imporre una sorta di vuoto biologico nell’agroecosistema deve necessariamente essere sostituito dall’idea di contrastare esclusivamente quelle specie contraddistinte da elevata aggressività (competizione idrica e nutrizionale nei confronti della vite) e comunque seguendo criteri di razionale opportunità nella scelta dei tempi e dei modi della relativa gestione. Inoltre, la presenza di una vegetazione spontanea nei periodi di assenza della coltura (intercoltura), è un esempio di una gratuita utilità agronomica in quanto tende ad occupare una determinata nicchia ecologica riducendo fenomeni negativi come l’erosione del suolo (la flora tende a proteggere il suolo dall’azione battente delle piogge), la perdita di nutrienti (vengono assorbiti e trattenuti dalla vegetazione) e ad impedire l’eventuale invasività di quella flora di sostituzione che risulta ormai di crescente preoccupazione agronomica.
In altre parole non è più accettabile la “filosofia” agronomica di una assoluta lotta a tutto ciò che non è coltivato ma piuttosto una rivalutazione delle utilità agronomiche e non (ad esempio paesaggistiche) di quella flora non solamente non nociva ma persino portatrice di una evidente utilità agro-ecologica. A tal fine è necessario il raggiungimento di un equilibrio tra produttività agricola e tutela dell’ecosistema circostante attraverso l’accettazione di quella biodiversità che non è altro che un ricordo dell’ecosistema pre-agricolo. In tale arricchita cenosi floristica e faunistica si tendono ad instaurare quegli equilibri di lungo periodo tra i vari organismi viventi prevenendo quei fenomeni di “aggressività” di organismi parassiti, patogeni ed infestanti che sono tipicamente presenti in sistemi colturali di tipo convenzionale.
Lo studio dei fenomeni causa-effetto tra biodiversità ed aspetti ecologici ed agronomici dell’ecosistema coltivato (Gerowitt, 2003), pone nuovi orizzonti di ricerca mirata sia alla sostenibilità del sistema agricolo che alla necessità morale di consegnare ai nostri discendenti un ecosistema sufficientemente integro ed ancora in grado di fornire benessere a tutta quella biocenosi vivente di cui l’uomo fa parte. Per altro numerose e fortunate applicazioni pratiche di tali principi si stanno diffondendo in alcuni Paesi viticoli di riferimento, quali la regione della Bourgognein Francia (Gily et al., 2008), nel Canton Ticino in Svizzera (Trivellone et al., 2017), oppure ancora nel Collio goriziano (Colugnati et al., 1997), ecc.