Sabato scorso in una nota e storica enoteca (pardon, osteria) in pieno centro a Udine ho assistito, mio malgrado, ad una discussione a dir poco paradossale.
Due amici, noti professionisti ma soprattutto winelovers, appassionati assai e con un capiente portafoglio, hanno discusso animatamente sui reciproci gusti (distanti tra di loro) in merito a quale vino meglio s’accompagnasse ad un gustoso antipastino tipico del weekend friulano, sarde (meravigliose) panate: e non paghi di avermi rovinato 5 minuti di pura goduria (in compagnia delle sarde, s’intende) hanno pensato bene, conoscendo la mia professione di winemaker, di attribuirmi il ruolo di arbitro nella loro (pedante) diatriba.
Leggermente infastidito (con l’ultima sarda che mi guardava nel piatto) mi sono preso una rivincita feroce, allo stesso tempo culturale e tecnica.
Conoscendo bene i pregressi scolastici di entrambi (Liceo classico), da ex Liceale scientifico ho dovuto ricordare ai due il celeberrimo aforisma De gustibus et coloribus non est disputandum, sottolineando come in realtà discutere sui gusti delle persone o comunque degli animali sia solamente tempo perso, essendo assolutamente tensioni individuali riferibili perciò alla sensibilità propria di ciascun essere. Non pago, ho calcato la mano precisando che fu proprio Giulio Cesare, secondo Plutarco, a pronunciarla davanti a un piatto di asparagi al burro serviti nella casa milanese di Valerio Leone, di fronte alla coorte dei generali romani inorriditi poiché abituati all’olio (mentre il burro era considerato un alimento barbaro): e pensare che Giulio Cesare è sempre ricordato come un “guerrafondaio”…
Ma ai due, comunque non completamente soddisfatti, ho anche proposto una chiave di lettura più tecnica. La soluzione è molto semplice perché fortunatamente il panorama enoico italiano consente abbinamenti vino-cibo straordinari, forse come nessun paese al mondo.
Sui finger food di pesce, o appetizers anche impegnativi, il gourmet può tranquillamente spaziare tra i vini rosati, tanto al nord (come non citare il Valtenesi Riviera del Garda, Chiaretto, di Costaripa, miglior vino rosato della Guida Veronelli 2020) quanto al sud (non posso non ricordare il Five Roses di De Castris). Su tartare, carpaccio e sul sushi siciliano le mie preferenze vanno al Gewurtztraminer (ad esempio Campaner del Lago di Caldaro), al Sauvignon blanc, più minerale che tiolico, come il Winkl o lo straordinario Quarz della Cantina di Terlano e, perché no, ad un sontuoso Lugana di Cà dei Frati. Se vi sentite spumeggianti abbiamo provato recentemente un gioioso Valdobbiadene Col fondo di Casa dei Spada e Sul Lievito di Adami.
Su pietanze più impegnative come un pesce arrosto, un’acquapazza, una zuppa alla vastese ben venga un rosso purchè non tannico e alcolico, privilegiando sentori di frutta e freschezza sensoriale: mi viene in mente il Fichimori di Tormaresca, ma attenzione a servirlo freddo!
Per finire cari “amici” di osteria vi lascio conun beneaugurante Edamus, bibamus, gaudeamus (Mangiamo, beviamo, godiamo!), ma soprattutto, parafrasando Plauto, Bibe si bibis, (Se bevi, bevi subito), in sostanza godi il momento senza distrarti.
Cin cin, anzi prosit!