Manuale di Enologia

Igiene della cantina, dell’attrezzatura e dei vasi vinari

La condizione indispensabile per la buona riuscita della vinificazione è la perfetta igienicità durante il processo, non disgiunta dall’igiene e sanità sia dei locali, sia dell’attrezzatura e dei vasi vinari. Il detto che “il vino si fa con l’acqua” va interpretato in tale senso e risulta appropriato. Infatti i microrganismi diffusi nell’ambiente e soprattutto quelli che provocano alterazioni e malattie nei vini, possono ritrovarsi ovunque nel tipico ambiente della cantina nel caso di scarsa pulizia. I muri dei locali devono a tale scopo essere disinfettati, con periodiche pitturazioni anche con latte di calce. I pavimenti devono essere ripuliti con prodotti antimicrobici, soprattutto dopo ogni ciclo di lavorazione. Contro le muffe, che nella cantina possono riprodursi facilmente, è impiegabile il solfato di rame in miscela col latte di calce in proporzione del 5%. Inoltre bruciare nella cantina dello zolfo in dischetti 4 o 5 volte all’anno, costituisce una buona norma per la disinfezione. Le vasche in cemento, che in genere sono impiegate per la fermentazione e la vinificazione in rosso, debbono essere trattate dapprima con NaOH al 5 % ( di sodio, talvolta denominato impropriamente idrato di sodio, commercialmente noto come soda caustica) in acqua calda e dopo con H2SO4 (acido solforico) al 3% o 5% in acqua. In sostituzione di tale acido è impiegabile l’acido tartarico al 15 % circa in soluzione acquosa. Dopo il trattamento si lava ripetutamente con acqua. Oggigiorno le vasche in cemento senza uno strato protettivo all’interno, che eviti il contatto fra il cemento e il mosto o il vino, non esistono quasi più, in quanto inadatte ai moderni criteri di produzione, oltre che non essere più conformi alla legislazione. Pertanto le vasche in cemento risultano rivestite internamente con materiali adatti allo scopo a base, per lo più, di resine epossidiche. Le botti e i tini in legno nuovi si lavano con una soluzione acquosa calda con NaCl al 5%, o con soluzioni acquose di NaOH al 3% che raggiungono un risultato analogo, al termine si provvede a risciacquare i recipienti con acqua. Le botti usate si trattano con soluzioni acquose di NaOH o KOH al 5%, disciolti in acqua bollente, dopo la risciacquatura si impiega acido solforico o meglio il tartarico. Al riguardo è da sottolineare che le botti che hanno contenuto aceto o vini acescenti non sono più risanabili o riutilizzabili per il vino. Nel caso di botti non usate da molto tempo si deve provvedere prima al rigonfiamento del legno delle doghe, lasciando dell’acqua all’interno delle stesse e rimpiazzando quella che man mano fuoriesce. All’acqua si aggiunge del metabisolfito di potassio per evitare la formazione delle muffe (10-20 g. x 10 l.). Le botti che hanno contenuto del vino rosso, si decolorano con 2 kg. di soda sciolti in 10 litri di acqua bollente. La conservazione dei recipienti così trattati e soprattutto di quelli in legno si effettua, dopo il loro asciugamento, con dei fumi di zolfo emessi a seguito della combustione dei dischetti o mediante un fornello solforatore, in dosi di 2 g./ hl. di capacità. L’anidride solforosa che si gassifica, penetrando fino nei più piccoli anfratti assicura la disinfezione della botte o dei recipienti in legno. Allo stesso scopo si impiegano le bombole di anidride solforosa, mediante le quali si introduce in modo più agevole il gas sterilizzante all’interno del recipiente vinario. Infine le pompe, le tubazioni, e in genere le macchine enologiche impiegate nella lavorazione devono essere trattate con soluzioni di soda e sciacquate, sia prima che dopo l’uso. L’anidride solforosa può anche essere utilizzata per la loro disinfezione.

Castroreale, Marcello. Manuale di enologia: Marcello Castroreale (Italian Edition)

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