Nell’uva e nel mosto sono contenuti degli enzimi, alcuni dannosi mentre altri utili . Fra i più significativi vi sono gli ossidasici, i pectolitici e i proteolitici. Agli ossidasici appartengono la tironasi proveniente dai cloroplasti, la perossidasi e la laccasi provenienti da uve attaccate dalla Botrytis cinerea. Tali enzimi sono conosciuti anche con la denominazione generica di “polifenossidasi”. La tironasi svolge la sua azione ossidando le catechine, mentre non ha nessun effetto sugli antociani e sui leucoantociani (tannini). Precisamente ossida due distinti gruppi di sostanze fenoliche, con le quali si formano dei polimeri di color nero (melanine), ed esplica le seguenti attività: quella di catecolasi la quale determina l’ossidazione degli orto-difenoli trasformandoli in orto-chinoni e quella di cresolasi, che si esplica sui monofenoli e determina dapprima la formazione degli orto-difenoli, i quali con l’ossidazione diventano orto-chinoni, da cui si originano i polimeri di color nero (melanine). La laccasi, enzima secreto dalla Botrytis cinerea, svolge un’azione molto più ampia perché agisce oltre che sugli orto-difenoli, anche su quelli para e su alcuni meta-difenoli, precisamente sulle catechine, sui leucoantociani e sugli antociani, la bentonite non provoca una sua riduzione nel mosto o nel vino. La perossidasi catalizza, attraverso la formazione di perossidi, l’ossidazione dei polifenoli. La tironasi è l’enzima meno stabile rispetto alla laccasi, infatti in mosti provenienti da uve sane l’attività ossidasica è pressoché nulla; inoltre tale enzima viene in gran parte disattivato dalla anidride solforosa già alle dosi di 40 mg./ l. e la bentonite riduce di molto la sua attività. Diverso invece appare il comportamento della laccasi, che risulta più temibile; difatti anche dosi di 150 mg./ l.di SO2 nel mosto, non diminuiscono la sua attività e solo nel vino riescono a sortire l’effetto, la bentonite aggiunta nei mosti non influenza la sua attività. La temperatura necessaria per l’inattivazione dell’enzima tironasi è di circa 70-80 ° C a pH di 4,7, mentre a pH di 3,4 è di circa 60 ° C. La laccasi è inattivata da una temperatura di 40-45 ° C per dieci minuti a pH di 3,5. La perossidasi si inattiva ad una temperatura di circa 55 ° C e ad un pH di 3,4. Un’altro enzima presente nei mosti e che svolge un’azione utile è la proteasi, la quale a seconda della sua modalità di azione nel demolire le proteine, viene distinta in endopeptidasi ed esopeptidasi, ovvero quando agisce nel legame peptidico interno o in quello terminale della catena di amminoacidi. Con la endopeptidasi si ha un aumento degli amminoacidi, mentre con l’altro enzima si formano singole unità di peptidi. Pertanto la proteasi svolge un ruolo determinante per la nutrizione dei lieviti, perché mette a disposizione degli stessi i composti azotati necessari per il loro sviluppo. Tale enzima è influenzato dal pH del mosto; infatti un valore inferiore a 2 impedisce la sua azione, mentre a un pH di 2,8 la sua attività risulta pari al 60 %. La bentonite, l’SO2 e le temperature alte (sino a 80-90 ° C protratte oltre i 10 minuti), non influenzano in modo significativo l’azione della proteasi. Gli enzimi pectolitici costituiscono un raggruppamento di enzimi, che facilitano l’illimpidimento del mosto e sono naturalmente presenti nello stesso. Infatti riescono a rompere nei suoi costituenti la pectina (costituita da una catena acido D-galatturonico) e in genere le sostanze pectiche. La pectina risulta capace di incorporare un rilevante quantitativo d’acqua rigonfiandosi, il che determina l’intorbidamento nei mosti. A seconda della particolare azione si dividono in enzimi saponificanti ed enzimi depolimerizzanti. Appartengono ai primi gli enzimi che provocano la demetossilazione della pectina, formando acido pectico e alcol metilico, e sono denominati pectinmetilesterasi, o pectinesterasi (P.M.E. o P.E.) e la Pectinliasi( PL). Gli enzimi che depolimerizzano sono delle idrolasi, che provocano la rottura del cosiddetto legame osidico 1-4 del polisaccaride. Allorquando provocano l’idrolisi della molecola intera si denominano polimetilgalatturonasi o P.M.G., e nel caso agiscano su quella demetossilata ovvero sull’acido pectico, si denominano poligalatturonasi o P.G.. Quest’ultimi enzimi sono quelli che vantaggiosamente si possono impiegare per la chiarifica dei mosti, perché non producono alcol metilico oltre le soglie consentite. Inoltre i termini di endo e di eso indicano la diversa modalità d’azione degli enzimi, a seconda se agiscono sulla parte interna o su quella finale della molecola. Nelle condizioni normali del mosto questi enzimi non subiscono influenze sulla loro attività da parte del pH, anzi a valori bassi si ha una minore produzione di alcol metilico. Una temperatura inferiore ai 10 ° C o superiore a 70 ° C impedisce la normale attività degli enzimi pectolitici e l’optimum si colloca fra i 10 ° C e 35 ° C. L’anidride solforosa non inibisce l’attività degli enzimi sino alle dosi di 250/ 300 mg./ lt., superando le quali si ottiene la sua diminuzione di circa il 20 % . La bentonite adsorbe scarsamente gli enzimi pectolitici.
Castroreale, Marcello. Manuale di enologia: Marcello Castroreale