Cantine e vino Curiosità VOCE ALL'ESPERTO

Le tante “anomalie” di una vendemmia quasi normale.

Siamo solamente a metà della vendemmia 2019 ma si può già affermare che la vendemmia 2019 sarà certamente ricordata per le sue stranezze.

              Innanzitutto si può ipotizzare con un certo grado di affidabilità che sarà meno generosa della precedente con un -15-16% a livello nazionale, che riporta il potenziale produttivo italiano in uno scenario, fortunatamente, di normalità attorno ad un valore ben al di sotto dei 50 milioni di ettolitri (probabilmente 45 milioni).

              Poi dobbiamo ricordare le anomalie climatiche che hanno caratterizzato la stagione invernale con temperature decisamente miti ed eventi meteorici inferiori alla media del periodo, anomalie che si sono successivamente verificate anche in maggio con abbondanti precipitazioni associate a temperature ben al di sotto delle media stagionale, causa di un ritardo ed un generale disturbo nel delicato periodo della fioritura ed un rallentamento del ciclo vegetativo della pianta.               Ma siamo davvero sicuri di definirle anomalie climatiche? I cambiamenti climatici in atto, secondo molti esperti, potranno condizionare per lungo tempo le nostre attività economiche per cui è verosimile pensare che ciò che poteva sembrare bizzarro fino a qualche anno fa possa rientrare in un ambito di “strana” normalità: il movimento degli adolescenti FridayforFuture sollecitano il mondo degli adulti ad una concreta presa di posizione (e cambiamenti) in questo senso.

              Un fatto incontestabile sono invece le conseguenze di questi comportamenti strani del clima sulla vendemmia: fenomeni di aborto fiorale ed abbondante acinellatura verde che sta riducendo in modo drammatico la resa di alcune varietà ed una generalizzata scalarità di maturazione degli acini (anche sulla stessa pianta, quando non addirittura sullo stesso grappolo) che mette a dura prova la capacità predittiva dell’enologo nel formulare un credibile calendario della raccolta.

              Ma l’elemento più anomalo di questa vendemmia 2019 risiede nel fatto che le previsioni vendemmiali per la prima volta nella storia sono state formulate congiuntamente tra le principali organizzazioni professionali.

              Avete capito bene, cari lettori.

              Siamo dovuti arrivare al 2019 perché Unione Italiana Vini, Ismea ed Assoenologi concordassero, finalmente, un metodo comune di rilevazione, elaborazione e previsione del potenziale produttivo italiano: un risultato “eccezionale”, anche perché fortemente richiesto dagli operatori del settore che necessitavano da decenni di una stima seria, affidabile e probante con pesantissimi ricadute di carattere economico sul mercato del vino interno.

              Una tappa fondamentale nell’annoso cammino verso quell’utopistico “fare sistema”, troppe volte sbandierato ed altrettante troppe volte colpevolmente disatteso!

              Finalmente, forse, il prezzo delle uve (e dei vini) potrà rispondere maggiormente al principio economico neoclassico dell’equilibrio tra domanda e offerta (legge di Say) piuttosto che alle bizze (e speculazioni) del mediatore di turno.

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