L’evoluzione viticola degli ultimi decenni ha indotto una graduale trasformazione verso un paesaggio nel quale il vigneto ha una sua fisionomia sempre più precisa e ordinata, coinvolgendo i sistemi di allevamento della vite e quindi le sue forme: allo stesso modo, anche le nuove sistemazioni del suolo, che privilegiano l’accesso e la facilità per la transitabilità delle macchine, conferiscono al paesaggio un nuovo aspetto formato da linee più regolari e simmetriche.
È fuori dubbio che una moderna viticoltura debba rifarsi a modelli di gestione compatibili con obiettivi di qualità economicamente vantaggiosi, ma è altrettanto vero che essa deve anche rispettare le esigenze di conservazione della fisionomia del paesaggio; si devono quindi mettere in atto sistemi che garantiscano l’efficienza dell’impianto e la compatibilità economica della sua realizzazione e conduzione, ma deve essere nel contempo salvaguardata la conservazione del patrimonio suolo, del contesto storico-paesaggistico e la salvaguardia della biodiversità.
Non di rado, infatti, una eccessiva alterazione della morfologia originaria degli orizzonti superficiali si accompagna a frequenti dissesti ambientali (erosione, smottamenti, perdita di biodiversità, riduzione della fertilità agronomica, ecc.), riconducibili sempre alla degradazione del suolo: “la nazione che distrugge il proprio suolo distrugge se stessa” era solito dire il presidente Roosevelt.
Posto che il territorio, di cui il paesaggio ne è la componente essenziale, debba evolvere con le attività umane, si deve però sempre tenere presente l’irreversibilità delle azioni dell’uomo, la cui mancanza di lungimiranza può compromettere in modo permanente la bellezza del paesaggio: il continuo, irrefrenabile, illogico uso ed abuso del suolo ne è purtroppo triste testimonianza. A questo proposito preme anche ricordare che l’impegno di tutela e salvaguardia dei nostri paesaggi, non deve essere concentrata solo a poche realtà eccezionali da imbalsamare e vincolare, ma serve pensare ad un piano organico, credibile da un punto di vista ambientale e praticabile economicamente, per tutelare tutti i nostri territori, garantendone una evoluzione guidata e coerente con un moderno stile di vita: questo deve essere inteso anche nell’ampio senso di relazione tra paesaggio e qualità della vita quotidiana.
Il modello futuro di sviluppo viticolo si deve inserire in questo insieme di elementi naturali e umani integrandosi in modo equilibrato con i vari aspetti del paesaggio e con le moderne necessità dell’attività viticola, senza diventare un elemento dominante o, peggio, dissonante. Una prima valutazione va fatta circa le dimensioni degli impianti che devono rispettare la tradizione storica locale: in molti areali fragili del Paese l’impianto di vigneti di dimensioni esagerate non sposa una continuità storico-culturale necessaria a garantire una identità paesaggistica. Inoltre, le ampie superfici spesso sono sinonimo di eccessiva omogeneità e monotonia dello sguardo, con una banalizzazione degli orizzonti culturali dell’enoturista: una viticoltura culturalmente e tecnicamente evoluta quale quella italiana, deve assumersi l’onere di prestare attenzione anche a questi aspetti indispensabili per creare movimento e scenografia (si pensi ai corridoi arborei e arbustivi, alle piante secolari ecc.).
Ma la più impattante conseguenza prodotta dagli impianti non rispettosi dei rapporti con il paesaggio, è la riduzione della biodiversità vegetale, fattore strategico per gli equilibri complessivi del territorio: tanto più il paesaggio sarà privato dei suoi elementi tipici (specie arboree, arbustive e di conseguenza animali) e tanto più l’appiattimento prevarrà su una visuale più originale: in questa logica, la vocazionalità del sito è un altro elemento che va rispettato e l’attività viticola non deve usurpare spazi da sempre dedicati ad altre specie e soprattutto dove l’interazione vite-ambiente non è completamente espressa.
Ne consegue che la scelta di sistemi colturali ecocompatibili (integrati, biologici, biodinamici, ecc.) implica il mantenimento di una flora equilibrata che può agevolare e rendere flessibile il controllo. In questa logica la coesistenza del vigneto e di ambienti naturaliformi comporta un vantaggio ecologico di grande interesse, economico e paesaggistico: il vigneto moderno assume in quest’ottica un ruolo chiave di isola ecologica, alla luce della sua naturalità, di vero e proprio conservatoire di specie ad elevata biodiversità sito-specifica, oltre che elemento a spiccato valore paesaggistico.
Inoltre, una composizione arborea e animale più complessa e diversificata, la salvaguardia delle linee e delle forme costruite nel passato accresceranno il potere di attrazione del paesaggio con riflessi positivi sulla valutazione dell’intero territorio e degli stati emozionali che esso trasmette. Ricchezza in contrapposizione a povertà di immagini, è un nuovo percorso che deve essere affrontato attraverso un programma comune per un progetto collettivo di salvaguardia del paesaggio e della sua biodiversità, alla base del concetto di resilienza, definita come “la capacità di un sistema sia esso un individuo, una foresta, una città o un’economia di affrontare il cambiamento e continuare nel proprio sviluppo. E’ qualcosa che riguarda il modo in cui gli uomini e la natura possono utilizzare gli shock, come per esempio i cambiamenti climatici e le crisi economiche, per spronare al rinnovamento e a nuovi modi di pensare”.